Non c’è due senza tre.
L’arrivo del terzo allenatore è la certificazione del momento molto triste che vive il Napoli.
Ricordiamo solo un anno così, quello dei cinque allenatori che portò alla retrocessione in B. Doveva essere il 98 e Zeman e Mazzone furono di passaggio in una squadra che non aveva né capo, né coda, con il principe Giannini a predicare da solo in mezzo al campo, a fine carriera.
Torniamo a noi. Mazzarri ha dato più di quello che poteva dare, dedicandosi giorno e notte alla causa azzurra. È arrivato a pochi minuti dai rigori nella finale di Supercoppa italiana ed è stato quello l’inizio della parabola discendente della sua breve avventura.
Ha dovuto inserire molte pedine nuove a gennaio e i risultati sono stati deludenti. Troppi moduli, mai uno schema da calcio fermo o alternativo al giro palla da una fascia all’altra.
Lo salutiamo con gratitudine per la pazienza di questi mesi e la bellezza di quegli anni con Lavezzi e Cavani.
Calzona debutta subito. Il calendario è fitto e c’è il Barcellona negli ottavi di Champions, con la città in frenetica attesa.
Capiremo se la squadra, dopo Garcia, si era stancata anche di Mazzarri. Capiremo se dobbiamo iniziare a guardare in basso. E, soprattutto, capiremo se è arrivato il momento di non trovare nell’allenatore il capro espiatorio.