Presentazione dello spettacolo
Argentero al Palapartenope. Michele è presente per Napoli dinamica. Luca Argentero, il Doc nazionale, infiamma la notte di Napoli e parla di vita e di sport nella capiente struttura di Fuorigrotta. Argentero coinvolge un pubblico prevalentemente femminile con il monologo, “È questa la vita che sognavo da bambino?” diretto da Edoardo Leo.
Impossibile? Cosa è impossibile? Così Luca inizia e chiude lo spettacolo. Sfiora alcuni episodi della propria vita. Racconta del sogno di partecipare alle Olimpiadi. Soprattutto, Argentero ci parla di tre grandi sportivi del passato: Luisin Malabrocca, Alberto Tomba e Walter Bonatti.
Malabrocca
Malabrocca scoprì come essere celebre pur non essendo bravo e forte come il suo amico Fausto Coppi. A quei tempi, chi era ultimo nella classifica del Giro d’Italia indossava la maglia nera e, quindi, saliva agli onori della cronaca. Riceveva premi, attenzioni, regali dalla gente e quindi nulla faceva per non essere l’ultimo, ci racconta Luca. Anzi, la sua era una corsa a perdere e quando anche gli altri si accorsero dell’importanza di arrivare ultimi, anche la conquista della maglia nera non fu scontata. Ecco, Luca ci spiega con efficacia che, per essere protagonisti nella vita e nello sport, non bisogna necessariamente vincere.
Tomba
Lo sci entrò nelle case di tutti. Il paese, negli anni ’80, si fermava per ammirare in televisione le discese del bolognese. Tomba aveva un fare scherzoso con i tifosi, con i giornalisti e con i rivali. Lottava contro i mostri sacri dello sci mondiale, ma andava giù senza freni, lambendo i paletti degli slalom. A Calgary, in occasione delle Olimpiadi dell’88, le sue prove fecero fermare il festival di Sanremo. Lo invitarono a Miss Italia e lì conobbe Martina Colombari. Mille peripezie, mille conquiste. Un bolognese tra atleti del nord Europa.
Argentero si supera nel ricordare l’ultima vittoria di Tomba per pochi centesimi. Le ginocchia a terra nella neve e poi tutto il corpo a pancia in giù. Alberto gratta la neve, la sua neve, che raccoglie per asciugarsi le lacrime.
Il pubblico del PalaPartenope applaude a scena aperta. Il pubblico femminile è in estasi ma anche la parte maschile apprezza le capacità dell’artista e i racconti passionali di vite sportive.
Bonatti
Walter Bonatti è stato uno dei più grandi alpinisti italiani. L’alpinismo è uno sport minore e difficile da comprendere per chi non ricerca costantemente i propri limiti e la volontà di trovare se stesso.
Qui la storia è complessa. Bonatti scalò in compagnia il K2, ma fu in pratica vittima di operazioni scorrette da parte degli altri scalatori. La conquista del K2 fu una spedizione finanziata con i soldi pubblici. Poi ci furono polemiche, commissioni d’inchiesta, versioni contrastanti. Ci sono voluti 50 anni per far emergere la verità. La verità sul fatto che a Bonatti fu chiesto di andare a prendere l’ossigeno mentre gli altri si spostavano più in alto. La verità sul fatto che Bonatti fu isolato nel punto più difficile della scalata e che, come disse in “Le mie montagne”, quella notte sul K2, tra il 30 e il 31 luglio 1954, doveva morire. Il fatto che invece sia sopravvissuto dipese soltanto da lui.
Il racconto di Luca si fa molto carico di pathos. Le pause sono più brevi e, in alcuni momenti, Argentero simula la difficoltà nel respiro di chi sfida le maggiori altezze del mondo. Luca mostra mirabilmente come si possa oscillare tra la vita e la morte.
Argentero è bravo, anzi di più. Mette insieme tutti, amanti dello sport, dei racconti, della vita, delle imprese, delle sfide. Racconta della pochezza di chi vuole la vetrina, il primo posto, il denaro e ci dice come la verità possa essere stravolta per far credere accadimenti che poi diventano veri pur non essendo per nulla tali.
I saluti
Argentero saluta Napoli richiamando l’attenzione sull’iniziativa a scopo benefico “1caffè – la tua buona azione quotidiana” che le pagine del nelsegnodelterzo.com sono ben liete di ospitare https://www.1caffe.org
Il pubblico sfolla soddisfatto, molto soddisfatto. Una piccola parte della platea al femminile resta lì nello spazio non coperto dal quale si accede nel teatro. Viene fatta uscire all’esterno dalle forze dell’ordine e quindi rimane in via Barbagallo, intenzionata a ricevere l’ultimo sorriso dell’attore torinese.